Riabilitazione visiva
Ancora oggi è opinione prevalente che la regressione dell’ambliopia sia possibile solo nei primi anni di vita, prima della chiusura del periodo di plasticità cerebrale.
Di conseguenza, la diagnosi precoce e la correzione di qualsiasi fonte di deprivazione visiva è fondamentale per prevenire problemi di un corretto sviluppo della funzione visiva.
La tradizionale terapia consiste nell’occlusione dell’occhio sano , costringendo il cervello a utilizzare l’ingresso visivo effettuato dall’occhio ambliope.
Il successo di questo trattamento dipende da diversi fattori, tra cui la gravità della causa eziologica, il tipo di ambliopia, la corretta modalità di esecuzione dell’occlusione, la compliance del paziente, e l’età di insorgenza e il tempo utile di inizio del trattamento, dove utile è da intendersi se compreso entro il periodo di plasticità cerebrale.
Nonostante il dogma che l’ambliopia sia una patologia non recuperabile e quindi inutile da trattare in soggetti adulti, recenti studi su modelli animali e studi clinici hanno messo in discussione questa immagine, fornendo la prova entusiasmante che le strategie di intervento per amplificare la plasticità del cervello in età adulta possono consentire il ripristino delle funzioni visive in soggetti ambliopi ben dopo la fine del periodo di plasticità cerebrale.
Più volte è stato dimostrato infatti che il consolidamento dell’ambliopia, in particolar modo in età adulta, si determina per un marcato tono di circuiti inibitori della plasticità cerebrale, veicolato dal sistema GABA-adrenergico (acido gamma-aminobutirrico) e che la rimozione o riduzione di tale sistema di mediazione chimica interneuronale può consentire alle strutture cerebrali di riprendere una loro plasticità funzionale.
Tale risultato è stato ottenuto avvalendosi o di una terapia farmacologica o di una combinazione di stimolazione multisensoriale/cognitiva (arricchimento ambientale) in ratti adulti ambliopi.
Un numero crescente di recenti studi clinici ha indicato che l’apprendimento percettivo (PL perceptual learning) basato sull’esperienza almeno in parte è in grado di determinare modifiche a livello relativamente precoce dell’elaborazione delle informazioni corticali.
Negli ultimi 15 anni numerosi lavori hanno iniziato a documentare i vari e robusti effetti benefici sulla funzione visiva suscitata dall’apprendimento percettivo (PL) in ambliope adulti la cui età era sempre superiore ai 7-8 anni.
Già alla fine degli anni 70, a seguito degli studi di Campbell sulla risposta elettrofisiologica delle cellule corticali alla presentazione di barre variamente orientate e con diverse frequenze spaziali, venne realizzato lo stimolatore Cambridge (CAM) che può essere considerato come un primo esempio di una procedura molto semplice di PL applicata al trattamento di ambliopia.
La validità di questa metodica è stata successivamente messa in discussione da una serie di risultati negativi, ma in seguito numerosi lavori hanno invece dimostrato effetti benefici sulla funzione visiva suscitata da PL in ambliopi adulti la cui età era sempre superiore ai 7 anni (Polat 2004, Chen 2008).
L’apprendimento percettivo ha la capacità di indurre modificazioni plastiche nella corteccia visiva, come dimostrato da Yotsumoto et al. (2008), che ha osservato con la RMN-funzionale un cambiamento di segnale dipendente dal livello di ossigeno nel sangue (BOLD) nella corteccia visiva umana primaria (V1) a seguito di PL visivo.
Pertanto è ‘stato suggerito che uno dei motivi per cui PL visivo è così efficace nel recupero dell’ambliopia in persone adulte, potrebbe essere in quanto si richiede ai soggetti trattati di fare delle discriminazioni visive molto fini utilizzando in condizioni di stimolazione del sistema visivo “attivo ” (Levi, 2005) il loro occhio ambliope.
Così, l’attenzione visiva può essere un componente fondamentale del potenziale terapeutico di PL visivo.
Nel 1991 applicammo allo Stimolatore Flicker Maculare una sequenza di LED ad andamento circolare concentrico che ad intervalli di 20’’ si attivavano attirando l’attenzione del paziente, contribuendo in maniera significativa sul trattamento riabilitativo (Bellizzi M, 1991).
Recenti studi condotti in soggetti non ambliopi hanno fornito un sostegno indiretto del ruolo importante di attenzione visiva nel guidare la plasticità della corteccia visiva, mostrando che soggetti normovedenti addestrati con i videogiochi di movimento presentano forti miglioramenti nelle funzioni visive di base (Li et al, 2009).
L’efficacia di questo approccio ha promosso ulteriori ricerche volte a verificare il valore di stimolazione visiva attiva nei soggetti ambliopi.
Un miglioramento sostanziale in una vasta gamma di funzioni visive tra cui l’acuità visiva, acuità posizionale, e stereopsi sono stati trovati anche in adulti affetti da ambliopia, dopo un periodo di utilizzo di un videogioco d’azione (Li et al, 2011)
Al momento, si ritiene che gli effetti benefici indotti dal PL visivo sul recupero ambliopia siano legati a cambiamenti nei livelli di inibizione cerebrale; probabilmente ciò avviene per una diminuzione di inibizione dei sistema GABA-adrenergico similmente a quanto si è dimostrato sperimentalmente in laboratorio nei ratti adulti ambliopi che recuperano le loro funzioni visive dopo un attivo PL attivo.
Si ritiene possibile che il livello di attenzione necessario per eseguire le attività di PL o per giocare ai videogiochi potrebbe coinvolgere sistemi neuromodulatori del tronco encefalico che possono favorire la plasticità aumentando il rapporto eccitatorio/inibitorio (Kasamatsu, 1991; Maya Vetencourt et al, 2008; Bavelier et al, 2010).
Il quadro che emerge da questa breve rassegna sia della più recente letteratura in modelli animali che dall’analisi di studi clinici è che interferendo sul rapporto eccitazione/inibizione della corteccia si avrà la possibilità di indurre un recupero dell’ambliopia anche in soggetti adulti.
RIABILITAZIONE DELL’AMBLIOPIA O DELL’IPOVISUS CON SISTEMA BIOFEEDBACK VISION TRAINER RETIMAX©
Il Vision Trainer Retimax© (CSO Italia) combina le più recenti tecniche del biofeedback con le esperienze acquisite nell’esecuzione dei potenziali evocati visivi (PEV).
Lo scopo che si prefigge tale sistema di riabilitazione visiva è quello di migliorare, normalizzare ed incrementare le capacità visive e le abilità ad esse collegate in soggetti affetti da patologie oculari di varia origine e natura, ametropie e problemi di binocularità.
Lo strumento di base su cui si fonda il principio consiste in un dispositivo per la registrazione delle risposte bioelettriche VEP (Potenziale Visivo Evocato) ed ERG (Elettroretinogramma), che costituisce un mezzo clinico di indagine delle strutture visive retino-corticali ed in modo particolare, per la diagnosi delle anomalie della visione con sintomatologia poco evidente o in pazienti poco collaboranti.
Il biofeedback acustico correlato all’ampiezza della componente armonica, fornisce al paziente, in tempo reale, la giusta informazione per l’apprendimento del controllo volontario della sua risposta corticale e retinica agli stimoli ai quali viene sottoposto nel corso del trattamento.
Biofeedback significa letteralmente “retroazione biologica”: consiste in una tecnica di autoregolazione che scaturisce dalla informazione che il soggetto riceve circa le sue funzioni biologiche.
Questo è possibile grazie a sofisticati sistemi in grado di reagire ad impercettibili mutamenti a carico delle funzioni biologiche che avvengono nel nostro organismo e delle quali non abbiamo coscienza.
Un sistema di rilevazione acustico, visibile, tattile, ecc., evidenzia direttamente e fedelmente ogni minima variazione della funzione in oggetto perché se ne possa avere consapevolezza.
Con il Vision Trainer Retimax©, trasformando con le opportune tecniche la risposta bioelettrica corticale e retinica in segnale sonoro modulabile, si ha la possibilità di valutare in tempo reale il grado di efficienza della stessa, imparando a controllarla ed a migliorarla gradualmente: tutto ciò si traduce, in termini pratici, in un incremento delle capacità visive del soggetto che si sottopone al training.
Il training con il biofeedback è tuttavia diverso da un trattamento medico tradizionale che prevede, ad esempio, una profilassi per proteggere l’organismo del soggetto dai germi patogeni o la prescrizione di un farmaco per un disturbo o un intervento chirurgico per l’asportazione di un tessuto colpito; in questi casi, infatti, il paziente mantiene un ruolo passivo.
Nel trattamento con biofeedback, invece, il paziente collaborante assume un ruolo attivo, addestrandosi a regolare volontariamente la funzione somatica all’origine del problema.
Ciò premesso, il Visual Trainer Retimax© è uno strumento che permette la registrazione delle più piccole variazioni della risposta del sistema visivo alla presentazione di uno stimolo visibile strutturato, evidenziando la varianza della risposta corticale alla stimolazione in tempo reale.
Infatti, nonostante si presuma che ogni singolo stimolo visivo, controllato e ripetuto a intervalli regolari, possa dare origine a risposte tutte di uguale ampiezza, latenza e morfologia, queste evidenziano invece una certa disomogeneità, a dimostrazione di un grado di efficienza della risposta bioelettrica corticale e retinica che si manifesta allo strumento elettrofisiologico sotto forma di tracce i cui parametri si discostano, in modo diverso e caratteristico per ognuna di loro, da quelli medi calcolati (Potenziale Visivo Evocato di riferimento).
Siamo stati i primi a livello europeo e nazionale ad impiegare tale tecnologia riabilitativa nei pazienti pediatrici ambliopi come anche negli adulti affetti da ipovisione centrale o ambliopia residua dal 2010.