Elettrofisiologia Oculare
L’Elettrofisiologia Oculare è considerata da molti come una branca ultraspecialistica della Oftalmologia a cui ricorrere quando non si è riusciti ad ottenere valide informazioni diagnostiche con altri mezzi o sistemi di analisi, ma anche quando si vuole realizzare uno screening di prevenzione molto accurato o il monitoraggio di una terapia a livello oculare.
Gli esami elettrofunzionali sono test diagnostici obiettivi impiegati per esplorare i diversi segmenti dell’apparato visivo, attraverso i quali si possono registrare le risposte bioelettriche dei vari o dei singoli strati retinici (cellule Muller, coni, bastoncelli, cellule bipolari, cellule ganglionari, fotorecettori maculari e periferici, epitelio pigmentato, coroide) e delle vie ottiche fino alla corteccia visiva occipitale tramite uno stimolo luminoso adeguato (strutturato o non-strutturato) modulabile e adattabile a seconda delle varie patologie diagnosticate o presunte nel paziente.
La diagnostica elettrofunzionale non è assolutamente invasiva e non richiede particolare collaborazione da parte del paziente, pertanto, ad eccezione di alcuni casi neurologici particolari o soggetti pediatrici per i quali possono essere richiesti esami in sedazione, è facilmente eseguibile presso strutture ambulatoriali a norma, previa attenta calibrazione e taratura della strumentazione diagnostica poichè quest’ultimo aspetto costituisce il cardine fondamentale per una corretta acquisizione dei dati.
I dati acquisiti, una volta rilevati tramite l’apposizione di particolari elettrodi collegati ad un sistema di elaborazione digitale dei segnali bioelettrici amplificati molto sensibile, devono essere elaborati ed interpretati dallo specialista con attenzione e nella maggioranza dei casi ripetuti nel tempo per un monitoraggio più preciso della patologia; pertanto fondamentale è la corretta modalità di acquisizione dei segnali bioelettrici (ambulatorio dedicato, soppressione del rumore ed interferenze di fondo, illuminazione ambientale, posizionamento degli elettrodi, accurata preparazione del paziente, correzione ottica adeguata, attenta anamnesi del paziente, valutazione delle patologie sistemiche e oculari pregresse o concomitanti, terapie in atto, età dei soggetti, ecc.) ai fini di una precisa valutazione.
L’approccio multidisciplinare nell’ambito dell’elettrofisiologia oculare è fondamentale poichè molte patologie a carico del Sistema Nervoso Centrale (malattie demielinizzanti, neuriti infiammatorie o metaboliche, neuroendocrinopatie, neoplasie, degenerazioni corticali, neurodistrofie, disordini del movimento, patologie oto-vestibolari, ecc) richiedono una complementarietà di valutazione attraverso lo studio della conduzione dell’impulso bioelettrico lungo le vie ottiche.
A seguito delle ricerche sui meccanismi dell’elettrogenesi retinica che valsero l’assegnazione del Nobel a R. Granit nel 1967 e la successiva nascita della International Society for Clinical Electroretinography (ISCERG) e della International Society for Clinical Electrophysiology (ISCEV), verso la metà degli anni ’70 il Prof. Mario Bellizzi iniziò ad interessarsi di questa particolare branca diagnostica dell’Oftalmologia realizzando nell’ Istituto di Clinica Oculistica della Università di Bari uno dei primi ambulatori con i migliori requisiti tecnici necessari per lo studio elettrofunzionale della visione.
Dagli anni ’80 in poi sino al 2010 ha condotto le sue ricerche in tale ambito parallelamente alla attività assistenziale clinica, realizzando così uno dei più importanti centri di riferimento a livello nazionale per l’elettrofisiologia oculare.
Inoltre è stato uno dei primi ad impiegare la tecnologia multifocale dall’anno 2000 in Italia, dopo l’introduzione di strumenti diagnostici di nuova generazione realizzati sulla base degli studi condotti da E. Sutter negli anni ’90.
Numerosi sono quindi i campi di applicazione degli esami elettrofunzionali ma soprattutto è di massima rilevanza il ruolo che essi assumono nell’ambito della prevenzione di alcune gravi forme di patologie come il glaucoma o le degenerazioni retiniche, poiché il danno funzionale precede sempre il danno anatomico che potrebbe essere evidenziato solo in una fase tardiva o non più reversibile della patologia presunta o diagnosticata.